Counseling: dove siamo e che fare

16 Ott 2023

Il nostro webinar dedicato a fare il punto sul counseling, si è confrontato con quello che è tradizionalmente il punto chiave di questa professione, ovvero una certa qual inafferrabilità dell’oggetto. Per paradosso questo aspetto ne fa nello stesso tempo il suo punto debole e il suo punto forte. Il primo perché espone il counseling ad essere fatto proprio, quale profilo professionale, da tutti indiscriminatamente, giocando soprattutto sull’enorme assonanza della denominazione inglese “counseling” con la parola “consiglio” italiana. Il secondo, il suo punto forte, consiste nella sua estrema malleabilità, sicché può essere operato attraverso la mediazione di qualsiasi tecnica.
E perché mai questo fatto? Sta proprio qui la chiave del discorso non esplicitato e che, approfondito, chiuderebbe con decisione le pretese da parte dell’Ordine degli psicologi, e anche le polemiche da parte delle Associazioni dei counselor. Perché il counseling è malleabile in grado notevole e può con una certa facilità fare leva su variabili? Per rispondere, chiudiamo anzitutto il fronte relativo alla polemica psicologica. Il malinteso, di cui tutti si è da sempre in qualche modo colpevoli, sia counselor che psicologi, è che l’oggetto del counseling non è la persona in quanto personalità, ma il problema, anzi il problema-oggetto, il quale è concettualmente scindibile (anzi spesso è da scindere) nella sua consistenza, dalla soggettività di chi lo vive o lo percepisce.
Siamo talmente assuefatti al limite della maniacalità, a soggettivizzare le cose e i fatti, da dimenticare che essi sono cose e fatti come direbbe Wittgenstein. E sono proprio le cose e i fatti l’oggetto del counseling, cose e fatti per i quali ci sono soluzioni le cui chiavi metodologiche sono racchiuse anche nelle scienze oggettive, nelle arti, nelle tecnologie, nelle discipline spirituali, e quindi, per dirla alla Shakespeare, ci sono più stelle nel cielo dell’Homo laborans che non in tutto l’apparato del ragionare psicologico. Se quindi vogliamo tradurre questo benedetto “counseling” all’italiana, sarebbe forse più opportuno parlare di un “consultarsi” fra persona e operatore sulla cosa e sul fatto. E qui comincia un tutt’altro discorso.

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